Nella storia dell’Ordine dopo il 1314 concorsero vari fatti e circostanze che determinarono, ed ancora oggi purtroppo determinano, un giudizio non sempre veritiero o lusinghiero, spesso falsato, severo ed oltremodo ingiusto, frutto dell’ignoranza storica o del colpevole scetticismo.
Tutto ebbe inizio con le accuse di eresia sostenute nel processo di Parigi, poi si scatenarono le maldicenze più assurde le quali avevano alla base la conquista ed il consolidamento di grandissimi interessi finanziari, si pensi agli enormi capitali “poi confluiti” nelle casse di altri Ordini o di vari potentati, alle ruberie che cercarono una legittimazione e una giustificazione poggiandosi sulla sentenza di condanna. In seguito, l’ombra del dubbio alimentata per mesi dalla “calunnia” che doveva comunque difendere le posizioni degli accusatori, persistettero scelleratamente, ed affinché le accuse sembrassero sempre più vere bisognò rafforzarle ad ogni costo con l’infamia della denigrazione; si aggiunga la riprovazione del processo da parte di molti Stati e Re i quali dimostrarono da subito che la voluta fine del Tempio era da ricercarsi solo nella smodata sete del “vil denaro” e nell’invidia suscitata dalla sua potenza organizzativa.
La “santificazione dell’empietà” decretata dall’unione degli interessi del Re e debolezza del Papa portò a decenni di sostenuta maldicenza, che sciaguratamente, in alcuni casi, perdura ancora oggi; come sempre fu l’Ordine del Tempio a pagare lo scotto maggiore. Dopo i roghi di Parigi non potendo cessare l’opera iniziata in Terrasanta, si pianse sulla morte dei Cavalieri ancorché importanti, ma approfittando del suo “Status Capitolare” si serrarono i ranghi e si dette inizio alla ricostruzione della classe dirigente, e di questo purtroppo approfittarono alcune forze che puntarono sulla disperazione e sullo sbandamento, alcuni personaggi senza scrupoli si posero al vertice creando il fenomeno dello “pseudo-templarismo” e tutto ciò a discapito del vero Ordine del Tempio, che indifeso dai proditori attacchi e dalla scalata dei suoi rapaci dissidenti interni, dovette dividere la sua gloria ed il suo onore, e in fine subire l’onta dell’ennesima infamia, delle maldicenze e purtroppo anche degli attacchi di coloro che avrebbero istituzionalmente avuto il dovere di difenderlo.
(…) Difficile, oggi, alla luce di tante narrazioni poco fedeli alla storia, separare il vero dal falso, tuttavia parafrasando il poeta Trilussa asseriamo che il “Nobile Cavaliere è sempre avulso alla maldicenza, la quale è tipica dei guitti, degli indegni ed in particolare di coloro che non avendo argomenti si abbandonano gratuitamente ad essa”, ovvero ci si abbandonano per celare le proprie malefatte.
Sovrano Gran Maestro
+ Frà Enzo Mattani
Principe di Kerak
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